La macchina del tempo parte seconda




Dedicata a... Rapunzel😙

(Ps: Leggiti la prima parte di questa avventura di Patrizia e Alice, così le conoscerai meglio e potrai scegliere chi attira di più la tua simpatia, se l'una o l'altra. Clicca qui se vuoi...)
"Eccoci arrivati!" disse Alice con la sua consueta allegria, tenendo il dito pigiato sul campanello.
 Patrizia infastidita pensava:
"Perché poi si debba attaccare a quel modo al campanello! Farà venire un collasso ai nonni!".
Bruscamente, la porta si spalancò. Apparve la nonna con una smorfia di evidente fastidio, mutata rapidamente in un caldo sorriso di benvenuto e in un profluvio di esclamazioni:
 "Ma guarda un po' chi c'è! Ehi! Giorgio! Vieni a vedere chi c'è!! Avanti, avanti ragazze..." disse spingendole dentro senza troppi riguardi. 
Pensando:
"Caso mai cambiassero idea!".
"Ho creduto che fossero ancora quei birbantelli che si divertono a suonare il campanello e poi scappano." concluse, seguitando a spingerle.

I miei Nonni

Alice si sentì subito a suo agio. Lasciò che la nonna l'aiutasse a poggiare i libri, sopra un piccolo tavolino, addobbato di un centrino super inamidato pieno di balze, ed esclamò:
"Oh nonna! L'hai fatto tu questo centrino? E' proprio bello! Come stai? Mi sei mancata!".
Ora che aveva le braccia completamente libere l'abbracciò forte.
Nonno Giorgio fece la sua comparsa:
"Ti riferisci a quel vecchio reperto archeologico? Si, l'ha fatto lei. Roba da museo talmente è vecchio!".
"Sarà pure da museo nonno ma io lo trovo bellissimo! Come stai? Anche tu mi sei mancato tanto!".
Inutile, Alice ci sapeva proprio fare con i sentimenti, anche nonno Giorgio ebbe la sua parte di abbracci. 
Io, immobile come un salame, con le braccia rigide più di due pezzi di ghiaccio, come al solito provavo quella punta di invidia per la sua grande apertura pensavo:
"Possibile che io debba essere tanto riservata!! Eppure sono i miei nonni!".
Lì vicino c'era un bel cesto pieno di mandarini, ne presi uno e iniziai a prendermela con lui. Prima gli levai la dignità privandolo del suo vestito estero: la buccia. Poi lo sbocconcellai dividendolo per tutti i suoi spicchi. Infine, terminai la mia frustrazione portandoli uno alla volta alla bocca. Quel giorno feci un'eccezione, di solito non mangio mai frutta poco prima di pranzo, ma mi sentivo impacciata e feci la prima cosa che mi venne in mente.
Mio nonno mi lanciò un veloce sguardo e gli bastò un attimo, alla faccia della mia riservatezza
e timidezza, per capire che dietro al motivo della nostra visita, c'era qualcosa che andava oltre la cortesia:
"Ma che piacevole sorpresa! Venite, andiamo in cucina. Faccio strada" disse, incominciando un 
gioco che conoscevo da che ne avevo memoria.
Sapevamo entrambe molto bene dove si trovava la cucina, ma prima di accedervi, dovevamo 'stare al gioco'. Camminavamo lungo il corridoio, lui in testa, apriva una porta, ad esempio la camera da letto, e diceva:
"Questa non è! Ops! Mi sono confuso😕..." e così per tutte le altre stanze.
Quando ero piccola, adoravo quel gioco, ma ora...😒 mi stupivano due cose:

  • 1. La cocciutaggine di volerlo rifare tutte le sante volte. 
  • 2. Il fatto che la mia amica lo trovasse sempre divertente😩
Per fortuna, la casa non era troppo grande e ci ritrovammo ben presto in cucina.


Descrizioni

Mia nonna aveva aggiunto due posti. La tavola impeccabile, ben apparecchiata, comprendeva: doppie posate d'argento, doppi bicchieri uno per l'acqua e uno per il vino, tovaglioli di cotone ricamati con lo stesso motivo floreale della tovaglia e paniere in ceramica con sopra del pane a fette che sembrava appena sfornato.
Queste 'raffinatezze' mandavano Alice in visibilio. Per me, era routine.
Eppure, devo ammettere che nonna Angela, sapeva dare quel tocco in più che non sapevo spiegarmi. Forse il profumo della tovaglia? I fiori freschi dentro il vaso cinese? Le mie narici erano visibilmente catturate dal piatto al centro del tavolo: un polpettone dall'aspetto e il profumo sublime!
Alice espresse il mio stesso pensiero:
"Oh nonna! Ho l'acquolina in bocca solo a vederlo!!".
"Si, è vero!" mi affrettai a dire, cercando di guadagnare terreno e polpettone🤗
Rincarai un po per avere più attenzioni:
"A me dammelo doppio! Con la fame che ho!".
La nonna rise compiaciuta, ma non so se per distrazione o per preferenza, al contrario delle mie aspettative, servì prima "lei". Misi un fugace broncio, che eliminai subito, non appena incrociai gli occhi del nonno che mi osservava divertito.
Nonno Giorgio era una persona molto paziente, un po lezioso, affettato, un po artificioso. Molta teoria, poca pratica. Ma era naturale, del tutto naturale visti i suoi trascorsi.
Aveva un aureola di capelli bianchi intorno alle tempie e al centro una testa liscia, liscia. I suoi occhi erano piccoli, e sembrava fosse sempre assonnato. Aveva l'abitudine di leggere tantissimo sino a notte fonda. Non erano letture leggere, ma tomi pesanti di fisica. Aveva passato la vita tra la scuola e
l'università, ad insegnare Fisica. Un lavoro che gli piaceva, lo appassionava e l'aveva sempre impegnato molto. Passava ore a fare calcoli, congetture, idee. Ecco perché poteva essere la persona più adatta a comprendere il tipo di discorso intrapreso dalle ragazze.
Appesa alla parete del corridoio c'era una foto che Patrizia amava molto: il nonno giovane, con un bel ciuffo di capelli rossi che teneva la mano al padre, in posa con dietro una bella piazza piena di gente. Mio padre piccolo, con un berrettino ed un gelato in mano, con un'espressione finta, un sorriso di circostanza. Sembrava proprio, che qualcuno forse la nonna, gli intimasse:
"Sorridi!".
Non mi piace farmi le foto, ancor meno che me le facciano gli altri. Se proprio devo essere costretta a farle, perché non posso decidere la faccia che meglio mi si confà in quel momento?
Mia nonna era una donna buona, con degli zigomi molto larghi. Mi sono sempre chiesta se tra i suoi avi ci sia mai stato qualcuno proveniente tra l'Asia e la Russia, perché non riesco a spiegarmi se no, il suo taglio d'occhi e la sua larga corporatura. Anche la sua cadenza ha qualcosa di 'nordico'. Non così i suoi ragionamenti che non hanno niente di particolare, sin troppo ovvi e ripetitivi.
Le mie riflessioni mi estraniarono un attimo, nonno Giorgio mi riportò al mio posto toccandomi il gomito in un gesto affettuoso:
"Sembra che oggi tu sia assorta, in qualche profondo pensiero. C'è forse di mezzo un ragazzo? Non sarà un tipo di quelli strani che salgono e scendono la metropolitana solo per passarci il tempo eh?".
Quelle parole furono il 'LA' per Alice: 
"Magari ci fosse una storia significativa con un ragazzo! Invece, è preoccupata per il futuro vostro e dei suoi genitori!".
Patrizia la fulminò con lo sguardo.
I nonni furono presi alla sprovvista.
La nonna aggrottò le sopracciglia, le aveva finissime:
"Il nostro futuro?" esclamò.
"Fammi capire bene, di solito si dice che il futuro siete voi, figli e nipoti. Il nostro sembra un futuro breve..." intervenne il nonno.
"Appunto! Ho sentito i miei genitori dire questa frase e ho cominciato a pensare..." iniziò Patrizia.
Alice schiarendosi la voce la corresse:
"Noi" disse, calcando sul "noi", "abbiamo supposto che forse potrebbe esserci una possibilità per prolungare il tempo. Se si potesse... beh... è una cosa ben strana. Però ricordo che anche sul film "Ritorno al futuro" si ipotizzava di..." tacque. 
"Coraggio! Fuori il rospo!" la incoraggiò nonno Giorgio.
Continuò Patrizia:
"Se si potesse controllare il tempo, esserne padroni, andare e venire tra le epoche.
Conoscere i nostri avi, fermare in qualche modo il processo di invecchiamento".
"O addirittura catapultarci direttamente nel futuro" aggiunse Alice con occhi sognanti, "la frase che 'il futuro dei vecchi sono i loro figli' non avrebbe più senso, perché il futuro sarebbe alla portata di tutti!".
"Nonno, tu che hai studiato Fisica, che ne pensi?" chiese Patrizia.
Rispose nonna Angela:
"Tuo nonno pensa che debba finire il polpettone prima che si raffreddi".
"Ovvio" pensai, "che tipo di risposta potevo aspettarmi?".
"In realtà potrebbe e non potrebbe essere possibile" rispose il nonno masticando un boccone "vedete ci sono di mezzo tante cose, io ci ho passato la vita su queste teorie e posso dirvi...".
"Esatto Giorgio, una vita..." interruppe la nonna.
La ignorò:
"Posso dirvi che nessuno è mai riuscito a farlo. Se non i registi nei loro film, o gli scrittori come Wells. In realtà anche a me sarebbe piaciuto costruire una macchina del tempo. Ma poi, anche facendo appello a tutta la mia conoscenza in materia, ai miei calcoli matematici, avvalendomi pure di tutte le teorie di Einstein sul fatto che "il tempo può essere influenzato dalla velocità"...
"Cioè?" chiese Alice completamente a digiuno di teorie come queste.
Io invece che avevo una vera passione per la Matematica e la Fisica, le venni in aiuto:
"Cioè: parti giovane, torni giovane ma i tuoi amici non lo sono più. Capito?".
Mi guardò con gli occhi stralunati:
"No."
"Non confondete le idee a questa povera ragazza!" li ammonì la nonna "non preoccuparti cara, nemmeno io ho mai capito niente di queste cose. Ti dico però, per consolarti, che ora ti porto una cosa buona, buona" disse, aprendo un anta della credenza e poggiando sulla tavola sparecchiata, un vassoietto pieno di dolcini. Prese una tipica 'alzatina' e li dispose in bella mostra. I dolcetti assunsero un'aria ancora più invitante. Ce ne servimmo subito.
"E se si viaggiasse alla velocità della luce?" proposi.
"Come ti dicevo, potrebbe e non potrebbe. Gli astrofisici parlano di buchi neri, di termodinamica, dimensioni diverse 'plastiche', quadridimensionali" spiegò Giorgio.
"Bla, bla, bla, bla! Dovete sapere ragazze, che questo interessante ragazzo stava davvero progettando di costruire una macchina del tempo, ma le sue 'difficoltà' non gli permisero di realizzarla. Perché non ci illumini in merito Giorgio?".
Era chiaro che c'era qualcosa di buffo sotto, perché il nonno fece una sonora risata e la pizzicò sulla guancia.

La macchina del tempo

"Dovete sapere che sono sempre stato portato più per la teoria che per la pratica.
Iniziai a fare degli schizzi a matita, per la costruzione della macchina del tempo.
Ma nella furia di farli, la matita si spezzava. A mala pena riuscivo a ricongiungere le due estremità con della colla. Se non riuscivo a ricongiungere una banalissima matita, come avrei mai potuto assemblare un'intera macchina? Questa fu la mia prima enorme difficoltà di cui parla la nonna".
La sua faccia tra il buffo e il sofferente, ci fece sorridere solidali.
"Un'altra difficoltà?" sollecitò nonna Angela.
"L'altra difficoltà era questo mio pensiero: ammettendo che fossi riuscito a crearla e ad usarla, la macchina per funzionare sarebbe dovuta restare accesa. E se qualcuno, ossessionato dalle bollette, mentre io mi trovavo chissà in che dimensione, l'avesse trovata e spenta per risparmiare energia elettrica? Sarei potuto rimanere chissà dove! E se poi 'quell'epoca' non mi fosse piaciuta?
E se nell'usare la macchina ci fosse stato un corto circuito, anche piccolo e io avessi preso la corrente? Sarei potuto venir fuori più squilibrato di prima!" disse, mimando la scena, con un movimento rotatorio della testa.
Angela rise:
"E la storia dei buchi neri, Giorgio? Perché non parli anche di quello?".
"Ti diverti eh?" le rispose felice.
Non li avevo mai visti in quel frangente, chissà quante altre cose ignoravo di loro, della loro vita. Ad un tratto non mi preoccupavo più del futuro. Stavo bene lì con loro, ad ascoltarli e volevo proseguire quella bella sensazione. D'impeto abbracciai la nonna e lei ricambiò con amore.
"I buchi neri. Dunque... già la parola 'buco' mi fa paura, aggiungo 'nero' e il gioco è fatto. Cosa potevo sapere cosa c'era dall'altra parte?".
"Un fifone!" canzonò la nonna.
"Angela te l'ho già spiegato un milione di volte! Ragazze, è un po come la storia del prestigiatore con il suo capello: mette dentro il coniglio, e dopo cosa viene fuori? Una colomba! E io cosa sarei potuto diventare? Non ci penso proprio ad entrare in un buco nero, brr...😵."
Proseguì la nonna:
"Un altra paura che aveva era: e se altri a sua insaputa avessero costruito una macchina del tempo e nel 'teletrasporto a curvatura, curvante' si fossero incontrati, o per meglio dire: 'scontrati'? Dicevi così? Ricordo bene?".
"Ricordi bene, ricordi bene... Sarebbe stato il primo scontro cosmico! Magari poi, i danni li avrei dovuti pagare io! Non so compilare un CID, sulla terra, figuriamoci nello spazio!
C'erano poi i quesiti sui calcoli matematici. Ad esempio: Se A si muove, B rimane fermo, C cosa fa? Con tutti i miei calcoli, e contro calcoli, l'idea che B facesse il pigro associale aspettandosi una pronta risposta senza impegnarsi, mi innervosiva. Allora, tutti a casa propria: A-B- e C!".
"E poi c'è la faccenda dell'atterraggio" insinuò Alice.
La guardai sorpresa.
"Voglio dire, in alcuni film dove si viaggia tra un epoca e l'altra" si fermò.
Riprese fiato e pensiero e continuò "l'atterraggio non è dei più comodi".
"Giusto! Sostengo questa ipotesi plausibile" assecondai, "bisognerà avvertire quelli dall'altra parte di chissà dove e chissà quando, di mettere come minimo dei soffici cuscini!".
Ormai stava diventando una burla. Avevo quasi il sospetto che tutto l'argomento, fosse nient'altro che una forzatura dei nonni. Ad ogni modo, si stavano divertendo.
"Sappiate poi che Giorgio, ha terribilmente paura sia del buio, che delle altezze. Figuriamoci! Con tutto quel vuoto che c'è nello spazio!".
"Già! Uno spazio infinito, senza gravità e io che soffro tremendamente di vertigini! Se tra un viaggio avanti, e uno indietro, non fa differenza, dovessi cadere, quanto soffrirei!! Io che non salgo neppure sopra uno sgabellino di mezzo metro dal suolo!".
L'avevo visto tante volte salire e scendere le scale in casa sua, non per altro perché nonna Angela amava cambiare spesso le tende, e quei lavori li faceva lui stesso. Non mi aveva mai parlato di 'vertigini'.
"Vuoi vedere che è tutta una buffala per stare con loro? Ok, in ogni caso ci sto" pensai.
Ci fu uno sguardo tra il nonno e la nonna, una tacita intesa.
"Comunque" disse la nonna "alla fine ebbe la sua macchina del tempo. Gliela regalai io stessa".
"Tu, nonna?".
"Si Alice. Il nonno sarà ben felice di farvela vedere. Però dovrete tornare stasera perché ci vuole del tempo per assemblare i vari pezzi. E poi vuole fare tutto da solo, conoscete quanto può essere meticoloso. Non vuole il mio aiuto. Che ne dite vi va di tornare?".
"Certo!" rispondemmo in coro.
Strada facendo elaboravamo i discorsi fatti poc'anzi e facevamo le nostre congetture sulla macchina del tempo. Stabilimmo di rivederci verso le sei.

A casa ne parlai con i miei.
"Non sapevamo d'essere dei sorvegliati speciali" disse mio padre quando seppe cosa aveva scatenato le mie preoccupazioni.
"La frase: "Il futuro dei vecchi sono i loro figli" e senz'altro una frase molto interessante, aiuta a riflettere su più fronti. L'abbiamo estrapolata da un libro che stiamo leggendo a turno io e tua madre.
E' scritto da una famosa giornalista italiana. Ne stavamo parlando proprio ieri sera, evidentemente quella frase ha colpito pure te. Comunque, è un bene che ne abbiate parlato con i nonni, perché loro sono i più ferrati in materia di tempo" affermò, trattenendo un risolino.
Anche la Mamma sembrava divertita:
"Conosco la macchina del tempo di cui parla il nonno. Sono felice che la metta a disposizione".
"Già... Ti ricordi? All'inizio, quando ci siamo conosciuti ce la faceva sorbire ogni fine settimana...".
"In che senso sorbire? Dai! L'ho capito che vi state prendendo gioco di noi! Io ci sto, ma anticipatemi qualcosina!".
"No, no tesoro! Il nonno non vorrebbe. Mi farebbe una sua leziosa lezione, proprio non lo sopporterei!".
Cercai bonariamente di provocarli:
"Siete molto ingiusti! Io mi preoccupo per il vostro futuro e voi così mi ringraziate?".
Abbozzando un mezzo inchino di riverenza, la Mamma riassunse tutto in un:
"Grazie cara! Ora, preoccupati di far prendere aria e riordinare la tua cameretta" ammonì, usando un tono assai poco inflessibile.
Mi avviai verso la mia stanza. In realtà speravo avesse rimediato lei visto che io non c'ero.
Mi era andata male...
"Se no," seguitò a dire, "non scoprirai mai la macchina del tempo del nonno."
Capito in che famiglia mi trovo? Forse i cambiamenti più grandi che devo ancora fare, non sono fisici, ma migliorare ciò che può sempre essere migliorato: i rapporti affettivi.
E l'avrei fatto!
                                                                                                                          Fine della storia.


 Ps: Non vi piace questo finale eh?
 Nemmeno a me😜

Dunque, per farla breve, la macchina del tempo si rivelò essere una vecchissima macchina per diapositive. Abbiamo fatto un magnifico tuffo nel passato. Siamo state catapultate nell'era dei nonni, con i loro vestiti, usanze diverse. Un viaggio nella crescita di mio padre, sino ad arrivare a me! Non avevo mai visto quelle diapositive! Erano veramente fantastiche! Ero anche felice di poterle condividere con la mia amica del cuore, che per l'occasione regalò un cerchietto anche a me.
"Un'eccezione si può fare" le dissi, provandolo. Poi per farle piacere, decisi di lasciarmelo.
Mancava la parte del futuro. Alice propose di imitare i personaggi di Star Trek. I nonni avevano tutta la vecchia serie in videocassette. Non fu difficile per nonno Giorgio, impersonare il Vesuviano dalle orecchie a punta. Nonna Angela, il dottor Mc Coy. Alice Uhura responsabile delle comunicazioni ( e ci sapeva fare davvero...) Io, inutile dirlo😏 il comandante James T. Kirk.
In fondo, a che serviva una macchina del tempo? In quel momento, avevo tutto a portata di mano, dovevo solo afferrarlo.
    

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