Racconto Cuore Sensibile "Deliziosi!! Assolutamente deliziosi!" (Capitolo 2 parte seconda)





Giovanni gironzolava senza meta intorno al giardino. Un alberello di pere selvatiche attirò la sua attenzione. Ne staccò qualcuna dai rami, e incominciò a mangiarle.
Non ne assaporava il gusto, lo faceva unicamente per passare il tempo.
Zio Efi lo canzonò:
"Ti vedo pensieroso nipote. È mai possibile che tu sia capace di pensare? O forse la noia sta nuovamente bussando alla tua porta? Oppure potrebbe essere la nostalgia di casa? Che mi dici?".
Giovanni si passò nervosamente una mano tra i capelli neri, scostandosi dagli occhi un ciuffo ribelle.
In effetti, ciò che più lo tormentava era proprio: la nostalgia di casa. Come facesse lo zio a capirlo era per lui, motivo di fastidio ma anche di rassicurazione.
Lo rassicurava che qualcuno lo capisse senza deriderlo.
A volte si era sentito incompreso dai suoi stessi coetanei. E' vero che anche gli adulti non avevano soddisfatto tutte le sue aspettative, ma essere scherniti dai propri amici era ancor peggio per lui.
Leggermente seccato rispose:
"Immagino che sia naturale sentire un po' di nostalgia. È certo però, che non tornerò a casa per questo motivo. Non ci vuole un genio per capire che mi manchino." 
Zio Efi non se la prese, facendo un mezzo inchino disse:
"Eccomi qua. Il genio è a tua disposizione!".
Giovanni si mise a ridere e proseguì:
"Ti assicuro che io posso benissimo resistere. Loro, loro si che sentiranno la mia mancanza! Il loro capo, cioè io, come è giusto che mi chiamino, non c'è. Quindi, è giusto che sgobbino un po' anche loro. Non trovi?".
Zio Efi accondiscendente gli rispose:
"Sicuro Giovanni, sicuro. A chi non fa piacere ogni tanto giocare al dittatore "buono"?  Certo tu che sei il maggiore avrai sicuramente un carico di responsabilità che loro non hanno. È giusto che ti ubbidiscano e che collaborino, specie vista la difficoltà che affrontate in questo momento".
"Esatto! Io ho già la scuola, che mi impegna molto. Come faccio a studiare se devo badare a loro e dare anche una mano in casa! Ti assicuro zio, è quasi impossibile!
Non immagini che impresa sia stata riuscire ad essere promosso. Studiavo con loro sempre tra i piedi. Entrano ed escono continuamente dalla stanza, ed io non riesco a concentrarmi su ciò che sto studiando. Neanche in bagno posso stare in santa pace. Bussano, e ribussano. Maria grida: "Giovanni mi scappa pipiiiiii!!! Sembra che si mettano d'accordo, poiché subito dopo di lei, è il turno di Francesco e Michele:
"Giovanni hai finito? Possiamo entrare??".
Giovanni imitò voce e modi della sorellina, dei fratellini e anche quella dei genitori.
 Lo zio si divertì tantissimo e lo applaudì:
"Bravo Giovanni! Dovresti fare l'imitatore di professione!".
Questa volta fu Giovanni ad abbozzare un inchino.
Lo zio Efi proseguì:
"Ricordo che anche io alle volte non sopportavo i miei fratelli e sorelle."
"Davvero? Eravate tanti? In effetti, non mi sono mai interessato troppo al mio albero genealogico".
"Tanti non è la parola più esatta. Sarebbe più corretto dire: troppi. Ma a quei tempi era normale. La cosa funzionava così: il primogenito o la primogenita, badava in ogni caso a fratellini o sorelline di poco più piccoli di lei, o di lui. A poco, o a niente serviva lamentarsi. Era così e basta.
Talvolta litigavamo per delle sciocchezze. Ricordo che ero molto geloso perché tua nonna, quindi mia sorella, aveva avuto in regalo non ricordo nemmeno da chi, un paio di calze colorate. Ammettendo che avessimo le calze, e già quello era un lusso, di certo non le avevo mai avute di quel colore. Per gelosia, gliele nascosi per qualche giorno. Poveretta! La vedevo mentre si affannava per cercarle. Eravamo così tanti che potevo benissimo farla franca. Non avrebbe mai scoperto che ero stato io!".
"E poi? Cosa è accaduto?".
"Ho confessato!" disse ridendo lo zio Efi.
Anche Giovanni rise:
"Ma perché? Se pensavi di farla franca perché confessare?".
"Perché caro nipote, mi era sfuggito un dettaglio importante: prima o poi avrei dovuto indossarle no?".
"Avresti potuto dire che le avevi trovate o..."
"No Giovanni, no. In fondo mi dispiaceva per lei. Le volevo bene...".
"Già... Ti capisco...".
"In ogni caso preferivo la numerosa compagnia al solo pensiero di essere orfano o solo. E ce n'erano tanti di bambini così, credimi!". 
Sgranchendosi le gambe sentì uno sgradevole scricchiolio:
"Una è più antipatica dell'altra" disse sollevando prima la gamba destra.
Eseguì un movimento rotatorio con il piede e la poggiò a terra. Fece poi, la stessa cosa con il secondo.
"Fortunatamente non mi piace l'ozio. L'ozio è un biglietto per il camposanto. Ma io non voglio andarci, non ancora...".
"Lo credo bene" rispose Giovanni "cosa proponi di fare per non oziare?".
"Proporrei una sana camminata. Vorrei farti conoscere un posto".
"Un posto zio? Che genere di posto?".
"Un triste posto. Un posto che non sarebbe mai dovuto esistere".
"Ehi zio! Non sarà il camposanto? Hai appena detto che non vuoi andarci!".
"Peggio Giovanni, peggio. Seguimi, ci sarà da camminare per un bel po' prima di arrivarci."
"Zio Efi ha il potere di confondermi" pensò Giovanni, "in ogni caso perché no? Chissà a cosa si riferisce!".
La campagna silenziosa intorno a lui era uno spettacolo bellissimo.
L'aria era calda ma non più soffocante, poiché il sole cominciava il suo lento declino. I suoi raggi si confondevano con le nuvole: colorate, variopinte.
Fiori di cisto rosa e bianchi, delle ginestre gialle, rendevano la campagna più bella che mai.
Dietro un'apparenza di ribellione, Giovanni aveva un cuore molto sensibile.
La città non da molto spazio alla libertà della natura. La natura agevola, concilia e facilità la riflessione. Ci si ritrova poeti senza nemmeno sapere di esserlo. 
Giovanni se ne rese conto in quel momento. Quel sentimento di immensa pace che irradiava quel posto in quell'esatto momento della sua giovane vita, lo percepì tutto.
Avrebbe voluto immortalarlo con le parole. Ma con se non aveva niente, ne un foglio, ne una penna.
Mentalmente ringraziò Dio per ciò che vedeva e provava. 
Quella vacanza in fondo non era stata una brutta idea. Nonostante la pungente nostalgia, cominciava a piacergli.
Ripensò a ciò che aveva fatto, visto e imparato in quei pochi giorni da che era lì.
Il mare, il gusto dei muggini, il vino, i deliziosi, assolutamente deliziosi ricci di mare che aveva gustato!
Le chiacchierate con lo zio, generazioni diverse si, un modo di vivere diverso, ma sentimenti molto simili.
Incominciava a provare un affetto oltre la simpatia, qualcosa di più profondo. Qualcosa di cui aveva bisogno in quel momento. 
C'era poi il vecchio 'nuragico'. Di lui ancora non aveva saputo nulla. E infine, il 'triste posto' dove stavano andando.
"Niente male questa vacanza, niente male davvero" seguitava a pensare, camminando a fianco ad uno zio divenuto più silenzioso della campagna intorno a loro.

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