Racconto Cuore Sensibile "La nuova terra" (Capitolo 5 parte seconda)




Erano tornati. Turbolenti, ubriachi fradici, soprattutto chiassosi.
Itbaal sentiva il vociare dei suoi compagni, al ritorno dalle loro scorribande e pensava:
"Come ogni volta".
Riconosceva la voce di Assur che sovrastava sopra le altre. Itbaal non sopportava il pensiero di ciò che erano andati a fare.
"Ehi Itbaal!!" Assur lo chiamava " vedessi le donne che ci sono quì! Mi senti Itbaal?".
Itbaal non rispose, e continuò a far finta di dormire. Per lui era impensabile tradire.
Non così per tanti suoi compagni di viaggio che lo consideravano un'occasione per propiziarsi il posto, facendo omaggio agli dei. Non che a casa propria agissero sempre con ritegno... 
Come poteva quindi pensare che in un posto così lontano da casa l'avessero?
Non ottenendo alcuna risposta, Assur smise di chiamarlo. 
Itbaal soddisfatto al buio sorrise.
Aveva già partecipato a simili viaggi, ma quella per lui era la prima volta che visitava quell'isola. 
Sapeva che i suoi predecessori le avevano dato il nome di Ichnusa. Precedenti porti dove erano approdati erano stati: Caralis, Nora, Bithia e ora, avevano deciso di fermarsi in un posto che avevano chiamato Sulcis. Perfetto! Un'istmo che collegava la terraferma ad un isoletta a breve distanza dal litorale.
La nave oramai aveva quasi completato il suo carico, un carico pieno di mercanzie.
Questo significava che non sarebbero rimasti a lungo in quel posto. Si rallegrava per questo, ma ancora di più, ne era sicuro, si sarebbe rallegrato il loro Re Enkar nel vedere i frutti del loro fiorente commercio.
La città sebbene sotto dominazione, soggetta quindi a pesanti tributi, stava comunque vivendo il suo periodo d'oro.
A causa della ricchezza del loro commercio, popoli come gli Egiziani e i Greci, mossi dall'invidia, ne parlavano con disprezzo dandogli l'appellativo di "gente avida e affarista".
Checché ne pensassero altri, per niente al mondo Itbaal avrebbe rinunciato ad acquistare il suo regalo per Risha: una stupenda collana d'oro con al centro un pendente di diaspro verde. Immaginava gli occhi meravigliosi di sua moglie, allargarsi per la sorpresa. Quegli occhi scuri, pieni d'amore. Davvero difficili da dimenticare.
Ricordarli lo fece fremere d'impazienza:
"Ancora qualche giorno" pensò, "ancora qualche giorno..."



I nativi di quest'isola bellissima, all'inizio si mostrarono amichevoli, disposti a scambi vari esponendo: gioielli, oggetti di vetro, specchi.
Dopo gli scambi commerciali però, pian piano agivano da padroni, e la popolazione diventava, a ragione, sempre più diffidente.
Non erano sporadici i casi di rapina, o di schiavitù.
Itbaal per quanto amasse molto il suo popolo, un popolo che considerava intelligente e colto, non conciliava per niente nell'idea che fosse così poco tollerante nei confronti di quelle che di fatto erano: "nuove colonie" e che per farlo si dovesse per forza farlo con la violenza.
Nemmeno le 'ragioni' adotte dal Re di Tiro lo convincevano. L' Assiria li aveva soggiogati e tassati. Non c'era tregua, la sensazione di schiavitù è una sensazione orrenda. 
Per far fronte a queste esigenze, il Re Enkar li aveva inviati alla ricerca d'oro, d'argento, di rame, stagno, piombo...
Era indispensabile creare dei porti, delle colonie dove, in caso di tempesta, ripararsi, riposarsi, ristorarsi e riparare eventuali danni della nave, rifornirsi di viveri e ripartire.
Amava l'arte del suo popolo, la lingua, la scrittura.
Si, il suo era comunque, un grande popolo.

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