Racconto Cuore Sensibile Paure (Capitolo 7 parte seconda)
Prima ancora di varcare la soglia di casa, Obed iniziò a chiamare:
"Abia! Abia!!".
Abia fece capolino nel cortile andandogli incontro:
"Che c'è Obed? Che strilli? È accaduto qualcosa al piccolo Tisua?" chiese preoccupata.
Ripresosi dalla corsa affannosa Obed rispose:
"Il Re ha radunato tutta la città. Davanti al palazzo reale ha mandato a dire che deve comunicarci qualcosa di molto importante. Tutti devono essere presenti."
"Cosa? Ma perché?".
"Non lo so Abia, non lo so" rispose Obed scuotendo la testa, "non conosco ancora tutte le loro usanze. Non so cosa possa significare, ma mi pare una cosa molto seria. Dobbiamo avvertire i padroni! Dove si trovano in questo momento?".
"Lo sai... sono nella stanza dietro la casa, quella che da verso la strada. Lo sai che il nostro padrone lavora lì l'argilla. Troverai anche Risha, ha appena portato Tisua perché incominci a familiarizzare con il posto. Tisua potrà così prendere confidenza con gli oggetti da lavoro. Quando sarà in età li conoscerà già e li potrà usare per aiutare il padre a..."
"Donna! Ma allora non ci siamo proprio capiti!!! Tu ti stai perdendo in chiacchiere quando ti ripeto che nell'aria non tira niente di buono!".
Abia corse ad avvertire i suoi padroni, ricomparendo con loro di lì a poco.
Le espressioni preoccupate dimostravano che anche loro avevano appena udito le novità. Purtroppo erano perfettamente consci del fatto che, ogni qualvolta era il Re stesso che parlava, e non i suoi portavoce o messaggeri, le notizie non sarebbero state per niente di buon auspicio. Sarebbero state: cattive notizie.
Lo dimostravano purtroppo sin troppo bene le miserabili condizioni in cui versava oramai il paese.
Da ogni angolo del villaggio uomini, donne e bambini accorsero per udire le parole del Re:
"Popolo di Sulcis! Sono ormai tanti mesi, troppi che sopportiamo le angherie di questi uomini selvaggi e primitivi".
Si fermò un'attimo per dare peso a "uomini selvaggi e primitivi".
Sortendo l'effetto voluto perché qualcuno urlò un rabbioso:
"Si!!!" in risposta.
Questo bastò perché il Re si sentisse soddisfatto e proseguisse nel suo intento:
"Il diritto di abitare questa terra non è un diritto esclusivo, poiché ciò che a loro sfugge è che i nostri dei ci hanno condotto quì. Gli stessi dei però, sono scontenti, sono offesi con noi. Lo dimostra il fatto che non c'è pace. Perché? Perché non c'è pace? Perché abbiamo mancato di onorarli, di mostrargli la gratitudine che meritano. Così ci puniscono per mano di questi barbari popoli.
C'è un solo modo per riconquistare il loro appoggio, il loro favore. Rivolgiamoci come nostro consueto alle nostre divinità più potenti: Baal e Tanit!!!".
A quelle parole Itbaal e Risha si sentirono mancare. Nelle loro menti si formò un unico pensiero:
"Tanit!! La dea sanguinaria!".
"Oh popolo mio!" proseguì il Re "quello che ci concedono è un grande onore. Restituiamo loro ciò che di più prezioso abbiamo: doniamo i nostri primogeniti!".
Risha sentendosi svenire si appoggiò istintivamente a suo marito, che svelto la sorresse con forza.
"Che sangue innocente bagni la terra, plachi la loro ira, renda fertile le famiglie predestinate a tale privilegio!".
Seguirono una litania di preghiere e varie manifestazioni rituali a cui Itbaal e Risha, seguiti dagli schiavi, preferirono non partecipare.
Non poterono fare a meno di sentire con quanta foga ed entusiasmo la folla ne condivideva l'idea.
Non potevano biasimarli, sin da piccoli era stato insegnato loro che non vi era onore più grande che non fosse quello di morire a favore degli dei.
Nell'aldilà si sarebbero poi ricongiunti con i familiari. Nel frattempo, grazie a questo gesto estremo, avrebbero ricevuto protezione e ricompense: raccolti pieni, fine della siccità, famiglie numerose, e prestigio nella comunità.
Eppure, Itbaal non l'aveva mai pensata così. Si era ben trattenuto dal manifestare i suoi veri pensieri:
"Sono solo immense bugie mascherate da crudeltà! La vita di mio figlio vale molto più di questo. Gli dei non esistono, sono solo un'invenzione dei sacerdoti, per soddisfare la loro brama di onnipotenza, per i loro egoistici scopi. La realtà è che sono menti perverse dedite ad atrocità."
Era disgustato, profondamente disgustato, e cercava di trovare una soluzione per venir fuori da quella situazione opprimente che aveva già vissuto da bambino.
Il fratello che voleva tanto bene, era stato sacrificato per "un bene comune".
Questo gli era stato detto dai genitori. Era il primogenito e a lui mancava ancora tantissimo:
"Possibile che non ci sia un modo per evitare questa tragedia?" disse mormorando.
Ad Obed ed Abia gli si strinse il cuore. Abia era sterile, ed entrambi consideravano Tisua quasi come un figlio, gli volevano un bene grandissimo.
Era straziante vedere il loro dolore. Forse però, insieme avrebbero potuto trovare una soluzione per non rischiare di perdere ciò che di più bello avevano ancora: l'amore per il piccolo.
Commenti
Posta un commento
Grazie del tuo commento!