Racconto Cuore Sensibile Un triste "onore" (Capitolo 8 parte prima)




Erano state scelte tantissime famiglie, soprattutto famiglie ricche.
A motivo della sua abilità nel lavoro, Itbaal stesso era diventato se non proprio ricco, in un certo qual modo benestante.
Per questo motivo giorno dopo giorno, temeva che il messaggero reale si presentasse alla sua casa.
Il rifiuto non era contemplato poiché chi si fosse rifiutato di ubbidire al Re, sarebbe incorso nella pena di morte. Non solo avrebbe portando disonore per il resto della famiglia, ma ne avrebbe potuto mettere a repentaglio il corso del loro futuro.
Per di più, il primogenito sarebbe stato messo a morte ugualmente, in modo da scoraggiare eventuali ribelli.
Di fatto, una sorta di tacita dittatura.
Itbaal lavorava l'argilla, le sue mani si muovevano per forza dell'abitudine, ma la sua mente era altrove.
Pensava a Uldam, un suo amico. Gli era stato concesso il grande "onore" di offrire suo figlio, il suo primogenito Bira.
I suoi occhi scintillavano di gioia mentre lo portavano via. 
Le sue parole poi, non le avrebbe mai più dimenticate:
"Va figliolo! Sii felice. La nostra vita è ora nelle tue mani".
"Che paradosso!" pensava Itbaal.
Era rientrato in casa con un senso di nausea: non riusciva a intravedere nessuna via di scampo.
Tristemente pensò:
"Povero Bira! Non arriverà al suo quarto anno d'età".
Uno scalpiccio di passi, una voce sconosciuta lo fecero tremare di paura:
"Abita quì l'artigiano del Re?".
Con passo malfermo Itbaal venne fuori, si poggiò alla porta per sostenersi, articolò qualcosa con la voce che non ne volle sapere di uscire. Fece cenno di sì con la testa.
Le parole che udì gli fecero girare la testa:
"Artigiano del Re, sebbene ne tu né tua moglie siate di nobile nascita, il nostro Re vi concede un grande onore. Vi ordina che prepariate il vostro primogenito per la cerimonia che si terrà domani dopo il tramonto, in onore della più grande delle dee: Tanit!".
"Ma è il mio unico figlio!" mormorò.
"Meglio! Sarà davvero un sacrificio allora!" rispose cinico e bigotto il messaggero.
Continuò dicendo:
"Sarà un sacrificio maggiore che gli dei apprezzeranno molto. Lui stesso potrà divenire una divinità e dall'alto vegliare su di voi". 
Rientrato dentro, Itbaal si lasciò cadere di peso sulla sedia, si prese la testa tra le mani e ripeté più volte:
"Tisua figlio mio! Figlio mio!".
Obed lo trovò così: lo sguardo perso nel vuoto.
Non ci fù bisogno di dire niente. Lacrime silenziose e copiose caddero dai loro occhi.

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