Racconto Cuore Sensibile Antonio (Capitolo 10 parte prima)
Mille espressioni avevano attraversato il volto di Giovanni, rapito dal passato. Si era così immedesimato che il suo cuore, così sensibile, aveva battuto più velocemente nella fuga verso la libertà. E che sollievo aveva provato quando l'intera famiglia e i loro fidati schiavi, erano riusciti nella loro difficile impresa! Si sentiva euforico, tant'è che non si era nemmeno accorto che lo zio Efi fosse tornato, e sedesse al suo fianco. Sobbalzò quando una mano si posò sulla spalla.
Il vecchio ora sorrideva. Quasi non credeva che ne fosse capace:con quell'aria truce, e gli occhi scuri come il carbone. Occhi che a suo parere, cercavano di trapassare la mente, per poterne carpire i più profondi pensieri.
Eppure...quegli occhi dovevano aver visto e vissuto molto.
Al rientro nella baracchetta dopo una lunga dormita, avrebbe costretto lo zio a dirgli qualcosa in più. Ma ora era proprio tempo di dormire...
Il sole picchiava forte e il caldo soffocante, svegliarono Giovanni.
Rigenerato dal sonno e da una buona colazione, chiamò a gran voce lo zio per chiedere informazioni sul vecchio. D'altronde se gli aveva raccontato la storia, doveva pur avere 'diritto' a qualche confidenza in più.
Se fosse stato necessario, anche lui si sarebbe sbottonato, per così dire, un po' di più. Sarebbe stato disposto a fare qualche concessione rivelando qualche cosa che nessuno sapeva di Lui.
"Ah, si a parte i miei fratellini e Maria. Brutti piccoli ficcanaso che non sono altro!" pensò, con affetto.
Ma per quanto chiamasse, zio Efi non gli rispose. Allora, lo cercò dappertutto, ma inutilmente, poiché non lo trovò da nessuna parte.
"Tipico!" disse ad alta voce. Cominciava ad abituarsi a quelle stranezze.
"Il bello è che gli adulti pretendono sempre di sapere dove vai, con chi sei, e a che ora tornerai, ma poi loro..."
Lo zio ritornò all'ora di cena, e questa volta non era solo. Con lui c'era il vecchio del racconto.
"Che fortuna!" pensò Giovanni "lo chiederò direttamente a lui. Sempre che ne abbia voglia."
Stranamente, il vecchio non era vestito in modo "nuragico". Indossava pantaloni e giacca 'normali'.
"Forse un po' datati, ma tutto sommato normali" rifletté osservandoli entrambi.
Parlottavano tra loro a bassa voce, gesticolando con le mani e con la testa.
"Chissà che si stanno dicendo!" pensò.
"Qualcosa mi dice che riguarda qualcosa che ha a che fare con la storia di ieri notte".
Giovanni non sbagliava, ma come sempre dovette aspettare che si consumasse una frugale se pur gustosa cena a base di pane carasau, olio e pomodoro.
I discorsi vertevano sui cambiamenti del paese, sulla diversità dei tempi andati:
"Quelli si che erano tempi!" diceva lo zio Efi.
Il vecchio, il cui nome era Antonio, scosse la testa in segno di diniego:
"Forse per te. Ma non certo per me."
Zio Efi, lo guardò e risposte:
"Hai ragione, dimentico spesso che abbiamo fatto percorsi diversi".
Giovanni colse la palla al balzo:
"Perché signor Antonio? Che vita ha fatto? Conosce da molto lo zio? È originario di Sant'Antioco? Si è mai spostato dalla Sardegna?".
Antonio stupito lo guardò senza rispondere.
Lo fece zio Efi per lui:
"Antonio non ama le domande riguardo al suo passato".
"Lascia stare Efisio. Perché no? Ogni tanto fa bene ricordare."
Poi, rivolgendosi a Giovanni rispose:
"Tuo zio ha ragione. Non mi piace ricordare il mio passato, e non mi piacciono le domande. Ma oggi sento di volerlo fare."
Giovanni si sistemò sopra la panca meglio che potè, preparandosi ad ascoltare un'altra storia.
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