Racconto Cuore Sensibile Antonio (Capitolo 10 parte seconda)




"Era una notte fredda, buia e senza stelle. Una fitta neve cadeva, un fiocco dopo l'altro riempiendo tutta la campagna di un soffice manto bianco. Dentro una casupola fatta di fascine di giovani ramoscelli, rami e tronchi d'albero, stava un giovane pastorello di appena una ventina d'anni che imparava a suonare le "launeddas", tipico strumento a fiato sardo. Ci metteva molto impegno, per cercare di far venir fuori un suono che si avvicinasse alle melodie da lui così tanto amate. Invidiava i musicisti che alle feste di paese si sfidavano, creando vere e proprie poesie ritmate e cantate dai "tenores".
All'inizio il gregge belava lamentoso, ma poiché il giovane pastorello persisteva ugualmente in quella che era una passione che si accendeva ad ogni nota ritmata che si aggiungeva all'altra, alla fine non vi fecero più caso. Indisturbato, pian piano imparò i rudimenti di quell'arte sacra della musica. 
Il giovane aveva il cuore lieto. Di lì a poco, avrebbe spento il fuoco e incominciato a dormire. Separò i tronchi incandescenti, vi mise sopra della cenere, e buttò dell'acqua tenendo aperta l'unica parte adibita a "porta". Si sdraiò e iniziò ad aspettare che il sonno l'avviluppasse.
Ma quando le palpebre si chiusero, e qualcosa di molto vicino al sonno stava per coglierlo, fu scosso da un verso prolungato di un abituale uccello notturno: il suono di una civetta.
Ma al suo udito sensibile ai rumori di ogni genere, qualcosa diceva che non era proprio una civetta.
Sin da quando era molto piccolo aveva accompagnato il padre in campagna la notte. Aveva imparato a non temere i suoni intorno a lui, ma a riconoscerli.
In questo verso c'era un certo non so che... Un' inflessione impercettibile, ma comunque errata che gli faceva pensare che non si trattava di un uccello notturno, ma qualcosa, o meglio qualcuno, si aggirava da quelle parti.

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