Racconto Cuore Sensibile Dentro la grotta (Capitolo 12 parte seconda)
Vivendo quel momento in modo diverso.
Poi, improvvisamente, Antonio si ritrovò dal torpore al pianto, un pianto silenzioso. E più piangeva, più quel fardello doloroso si allegeriva. Allora, nel pianto, supplicò. Supplicò 'l'uditore di preghiere' per tutti i tormenti che i suoi pensieri gli davano.
Ora intuiva da dove venissero le tasche sempre piene di monete del fratello. distribuite con generosità a tutti.
Che cieco era stato! Aveva sempre creduto che fosse frutto del suo lavoro.
Credeva semplicemente che fosse bravo nel maneggiare soldi, che riuscisse a gestirli meglio di quanto facessero gli altri suoi fratelli.
Non era mai stato bravo a nascondere la sua adorazione verso di Lui.
"E se i miei fratelli sono in qualche modo immischiati, complici, ed io a mia insaputa lo sono diventato? ".
Il tormento giornaliero gli faceva scoppiare la testa.
P... riusciva a lavorare il legno così bene, che anche i paesi vicini richiedevano i suoi servizi. Un'altra ragione in più per non sospettare niente di anomalo.
Non aveva trovato strano nemmeno quando, ad ogni festa di paese, indossasse un abito nuovo.
Ricordava bene la reazione del padre.
Non sopportava quello che secondo lui, fosse un inutile spreco di soldi.
Incollerito diceva: "Lo sai quanto è dura la nostra vita. Lo sai cosa succede se il gregge si ammala, se una pecora muore, se...".
"Se, se, se... Lo vedi" canzonava P... "hai così paura del "se" che non sai vivere la parola "adesso". Dopo... Ci penserò dopo". Rispondeva, con un' alzata di spalle, noncurante.
Ed io pensavo:
"Però P... un' po' di ragione ce l'ha. È giovane, ha diritto a godersi un po' la vita.
Certo, non sapevo... Non a questo punto, ne a questo prezzo...".
Rivedeva il fratello alle feste, parlare con questo, con quello. Persone raccomandabili, probabili acquirenti o complici?.
A P... piaceva scherzare con tante ragazze. Ma quali erano le reali intenzioni? Illudere senza assumersi responsabilità?.
Non è quello che diceva spesso a suo padre quando lo incitava a badare al gregge?.
"Perché vuoi che vada io quando c'è quì un ragazzo" diceva, strizzando l'occhio e dandomi pacche sulla spalla, "responsabile e fidato? Eppoi io ho già un'impegno."
Non specificava mai di quale impegno si trattasse.
Da quanto tempo si vendeva al male?.
"Ed io che mi sentivo così onorato della sua fiducia!" pensò, singhiozzando per l'ennesima volta.
Questi pensieri , tristi, deprimenti, inutili, ripetitivi, erano più opprimenti della prigione in cui si trovava in quel momento gli tenevano compagnia tutto il giorno, e la notte.
Non riusciva a pensare a nient'altro che al suo tormento.
Sperare cosa poi? Anche ammettendo di riuscire in qualche modo a salvarsi, chi gli avrebbe creduto? Conosceva l'abilità del fratello nell'apparire l'onestà fatta a persona.
Aveva sempre posseduto il dono della parlantina facile, cosa che, riconosceva Antonio, a lui non apparteneva per niente. Per questo stava bene con il gregge, solo, per i fatti suoi, senza doversi confrontare con altri ne nei si, e ne nei no.
Nei "io penso che", o "se posso dire la mia" ecc...
I suoi "io penso che", o "se posso dire la mia", si riducevano a un desiderio di non voler offendere nessuno. Non che non avesse idee o preferenze, li aveva eccome, ma forse anche le idee degli altri potevano essere giuste. Quelle poche volte che aveva espresso il pensiero che fosse giusto vedere le cose non solo in un modo: apriti cielo!
Gli era stato detto di tutto, di più. Ragion per cui, meglio solo. Oppure, in compagnia del gregge, così familiare e docile da guidare.
Un giorno, non riusciva a distinguere se fosse luce o buio, sentì delle voci che parlavano vicino alla fessura d'entrata.
Di solito, il cibo e altro, veniva portato dall'uomo con il passamontagna.
Le voci che si udivano in quell'istante, erano sconosciute. Le parole, ne quante fossero le persone che le pronunciassero, non si comprendevano.
Inaspettatamente, il sequestrato, a cui avevo prestato ben poca attenzione dal primo giorno in cui era stato coinvolto sino a quel momento, che rimaneva per lo più addormentato, emise un debole grido, si alzò in piedi e mosse qualche incerto passo.
Il carceriere in un attimo gli fu addosso, gli tappò la bocca e inveí al suo orecchio parole tali che lo zittirono all'istante.
Gli occhi del sequestrato incontrarono i miei. Fu come se uno schiaffo mi avesse colpito: gli occhi di un animale in trappola.
Imploravano pietà, salvezza. Qualcosa che io non potevo dargli, vittima inspiegabile io stesso di avvenimenti incontrollabili e completamente fuori della mia immaginazione.
Eppure qualcosa cambiò. Dal primo giorno, avevo sempre la sensazione come se qualcuno mi tenesse la testa sotto l'acqua ed io non riuscissi a respirare. Ora avevo finalmente tolto la testa fuori dall'acqua, e respiravo. Respiravo a pieni polmoni.
Poco importava dei miei fratelli, di quello che avrebbero potuto dire gli altri.
Volevo vivere. Vivere davvero.
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